"La ricerca dell'essenziale diventa la mia ossessione.... Scatta persino quando decido di andare in vacanza con un amico su un'isola del Ticino, per tornare alla natura e misurarci con l'Existenzminimum. Ci portiamo un telone che serva da tenda, due padelle, un chilo di sale e qualche forma di pane, due canne da pesca e due libri..."
Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, ediz. Mondadori, Milano, marzo 2011, 1° ediz., pg 29
“I principi del razionalismo architettonico, riferiti alla ricerca dell’existenzminimum, riguardano l’ordinamento progettuale di una misura biologica e sociale dell’abitare”.
da GEPPINO CILENTO, La distribuzione degli spazi nell’architettura domestica. Una riflessione sulle metodologie del razionalismo, op. cit., p.1.
La ricerca razionalista sull’abitazione si fonda sull’individuazione dei bisogni umani, biologici e sociali e sulla loro relativa regolamentazione attraverso una normativa di riferimento.
Manifesto per il CIAM di Francoforte del 1929
Per alloggio minimo s’intende un alloggio caratterizzato da misure qualitative e quantitative minime, ossia misure necessarie e sufficienti per garantire le minime condizioni di esistenza dell’uomo. Queste misure sono individuate attraverso un’analisi valutativa della struttura sociale e familiare dell’uomo, in base alla quale, in maniera oggettiva, sono individuati i parametri necessari per ogni abitazione, corrispondenti ai bisogni elementari e complessi del piano esistenziale dell’uomo stesso.
Secondo l'architetto Gropius, al fine di giungere ad un’analisi razionale e logica del problema, è necessario conoscere la rilevanza dei cambiamenti sociali e la conoscenza della struttura familiare che ne consegue.
Gropius, nel suo intervento al CIAM, tenutosi a Francoforte nel 1929, proprio sul tema dell’existenzminimum, presenterà un’analisi attenta dell’evoluzione sociale cui devono corrispondere forme abitative ad essa adeguate. Con l’avvento dell’industrializzazione, infatti, la famiglia patriarcale tende a scomparire, diminuisce il numero dei componenti e la famiglia non è più un’associazione produttiva autosufficiente, come lo era nel contesto sociale contadino. La donna lascia il focolare domestico e diventa progressivamente indipendente, la società gli riconosce gli stessi diritti degli uomini.
"Il problema dell’alloggio minimo - afferma Gropius - è quello di stabilire il minimo elementare di spazio, aria, luce e calore necessari all’uomo per essere in grado di sviluppare completamente le proprie funzioni vitali senza le restrizioni dovute all’alloggio, cioè un “modus vivendi” minimo anziché un “modus non morendi”.
Le Corbusier, Maison Citrohan (1921)
Gli obiettivi fondamentali dell’existenzminimum, sono: la riduzione della superficie utile degli alloggi, rispetto ad una misura “minima”, appunto, individuata dalla vivibilità necessaria e sufficiente all’uomo, la conseguente semplificazione del lavoro domestico e la corrispondenza dell’abitazione alle esigenze della famiglia che la abita. L’alloggio potrà avere una abitabilità ottimale se risulterà un alloggio igienico, ossia se in esso sarà garantita la quantità minima sufficiente di aerazione, soleggiamento e spazio.
L’alloggio deve inoltre essere economico, vale a dire a basso costo, semplice da usare e accogliente e soprattutto capace di essere realizzato facilmente e rapidamente usufruendo di tecniche costruttive provenienti dall’industrializzazione edilizia.
Non a caso, Le Corbusier conierà lo slogan "la casa é una macchina per abitare".
Le Corbusier, ModulorDiventa fondamentale quindi il concetto di standard, la cui individuazione tende ad oggettivare e formalizzare ogni bisogno, determinandone gli “obiettivi limite”. L’unità di riferimento del dimensionamento razionale dell’alloggio è la misura propria del corpo umano che si muove nello spazio. L’uomo è quindi l’unità di misura dei propri spazi e degli oggetti da lui utilizzati per svolgere una determinata attività. L’existenzminimum, oltre a stabilire livelli tecnici e normativi, stabilisce pertanto anche principi compositivi che permettono di progettare in maniera logica un’abitazione, in modo tale da assicurare la massima abitabilità rispetto ad una superficie e cubatura minima. Esso stabilisce, cioè, regole progettuali basate sulla distribuzione e organizzazione funzionale degli spazi dell’alloggio.
Un esempio illustre è la “cucina di Francoforte”, progettata dall'architetto austriaco M.S. Lihotzky e organizzata razionalmente rispetto a tutte le funzioni operative che in essa si compiono e che sono preventivamente individuate. Tale studio suddivide lo schema di organizzazione del lavoro in cucina nei due cicli di andata e ritorno, per impedire ritorni e sovrapposizioni. In più si rendono necessarie l'unificazione dimensionale e la concentrazione delle apparecchiature utili per uno stesso tipo di lavoro. La forma dello spazio cucina, quindi, si dimensiona e si distribuisce in appena otto metri quadri e non comporta dispendi di forze ed energie fisiche, ma provvede a soddisfare in maniera logica le attività necessarie, come quella di lavare, preparare, cucinare i cibi.Riferimenti bibliografici:
G.Bora, G.Fiaccadori, A.Negri, A.Nova, I luoghi dell'arte vol.6, ed.Electa, Roma, 2006, pg 188-189
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