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capodanno a new york 2012 foto cecilia polidori

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"Si continua ad abbandonare qualcosa. Si continua a dire addio. Il problema, forse, è cercare d'inventare nuove perfezioni, pensare che ogni momento è una perfezione che comunque si può perfezionare..."

Ettore SOTTSASS, Scritto di notte, maggio 2010

"Si procede per tentativi, valutando empiricamente le diverse soluzioni possibili..."

Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, marzo 2011

la foto di fondo è un autoritratto dell'Autrice all'esterno di The Cloud Gate, AT&T Plaza, Millenium Park, S Michigan Ave, Chicago, Illinois, comunemente chiamato The Bean, il Fagiolo,agosto 2011

sabato 17 marzo 2012

My Berlin Chair

Rietveld è un onesto architetto e tutta la sua ricerca è fatta di rigore, invenzione e precisione”.    Le Corbusier                                                                                                                                                                                         
Progettista di forme semplici ed essenziali, dotate di una forte impronta plastica, Rietveld, esponente del Neoplasticismo olandese, ha sempre cercato risultati apprezzabili dalla gente comune. Lo stile di Rietveld si esprime nella modulazione geometrica dello spazio ottenuta per mezzo della scansione di piani, sui quali agisce il “peso” diverso dei colori fondamentali (nero, rosso, giallo, blu e bianco).
I suoi mobili di legno sono una reazione al mercato dei beni di consumo dei suoi anni. 
Oggetti umani e semplici senza sovrapposizioni anacronistiche di stilemi vari”. Così Enzo Mari descrive la portata innovativa della produzione del maestro sottolineandone il ritorno alla semplicità della vita, senza  bisogno di orpelli.
Tra gli oggetti simbolo della produzione di Rietveld,  ricordiamo la Berlin Chair, progettata appositamente per la sala espositiva di Rietveld e Huszar a Berlino nel 1923.
La Sedia Berlinese è composta da otto elementi che si intersecano di varia dimensione e colore: quattro tavole larghe e tre doghe strette, che sono perpendicolari l'uno all'altro.
Per la sua  asimmetria e scomposizione in piani, per l’uso dell’angolo retto e della linea retta, la Berlin Chair aderisce strettamente alla poetica neoplastica.
La sedia venne realizzata in faggio laccato nero, grigio e grigio medio.
Per la realizzazione del mio modellino ho utilizzato il polistirene espanso, materiale leggero e semplice da assemblare. 
Dopo aver disegnato e tagliato le diverse parti della sedia, ho inciso sulle superfici delle venature che richiamano quelle del legno. 
Aver messo in pratica ciò che abbiamo studiato è stato per me molto istruttivo e interessante, non solo perché ho approfondito maggiormente lo studio sul design, ma anche perché la manualità, la ricerca e la scelta del materiale, hanno stuzzicato la mia creatività e il senso delle proporzioni.
Link riferimento testo:
http://www.teknemedia.net/magazine_detail.html?mId=8515
http://www.edilone.it/Gerrit-Thomas-Rietveld_progettisti_y_80.html
Link riferimento immagini:
http://delius-dessinateur.blogspot.it/2011/05/gerrit-thomas-rietveld.html

mercoledì 14 marzo 2012

My Berlin Chair

Il mio intento era quello di costruire un oggetto costituito dalle parti più elementari. Con ciò intendo parti visuali elementari. Quali erano le più semplici sensazioni della vista con cui un oggetto poteva essere realizzato? Lesperienza del colore, dello spazio, della forma. Era necessario per me conoscere quali erano le attività elementari dellocchio.
Gerrit Thomas Rietveld, estratto del discorso tenuto il 17 novembre 1962 in occasione del Colorday ad Amsterdam

G.T.Rietveld e V.Huszar, Space-Colour-Composition, 1923
Gerrit Rietveld fu uno tra i principali esponenti del Neoplasticismo nel campo dell’architettura e del design. Egli operò sugli oggetti d’arredo esprimendosi con lo stesso sistema di segni usato dai pittori di De Stijl, senza però mettere in discussione la logica fondamentale della loro funzione.
Di tutti gli arredi, Rietveld predilige la sedia: oggetto che concreta indubbiamente un’architettura stimolante, ma altrettanto ardua  da affrontare; si tratta infatti di un vero e proprio edificio in scala ridotta: ritmi, tensioni, piani, strutture, tridimensionalità, dinamica. Forse è questa la ragione per cui nel ventesimo secolo la sedia resta appannaggio dei grandi architetti, da Mackintosh a Wright, fino a Le Corbusier e Breuer.

1923: Rietveld lavora al padiglione espositivo a Berlino. Assieme ad Huszar progetta un modello di ambiente inserendovi anche una nuova sedia che verrà denominata, per l’appunto, Berlijnse stoel ovvero Berlin chair.
L’ambiente espositivo è risolto con soluzioni plastiche semplici: si tratta di un perimetro, interrotto da un’unica parete che sorregge una parziale copertura, in cui tutte le superfici sono interessate da campiture rettangolari di colore che creano nuovi piani o apparenti finestre, contribuendo così a creare il campo spaziale.
Dal pavimento emerge la nuova sedia , in perfetta coesione con l’ambiente circostante, con la funzione di completarlo ed esaltarlo, dandogli il significato della dimensione spaziale.

La Berlin Chair va considerata il primo passo di una nuova metamorfosi che da questo momento Rietveld impone alle sue sedie.
Il concetto finora adottato di costruire per linee, viene superato: le gambe, che per secoli nella storia di questo oggetto avevano sorretto il sedile, vengono eliminate e sostituite da altri piani o da strutture asimmetriche che si librano nello spazio a scansione ritmica e in un meticoloso equilibrio tra verticali e orizzontali.
E’ un costruire per piani e non più per linee.
La sedia viene dipinta in bianco, nero e grigio, perché diventi un oggetto neutro, in contrapposizione al cromatismo vivace dei colori primari che l’ambiente stesso produce.

Lesercitazione che ho svolto consiste in una riproduzione in scala della Berlin Chair, ovvero nella realizzazione di un modello di altezza 40 cm.
I materiali che utilizzo sono il poliplat, dei colori acrilici e uno smalto lucido.
Otto sono gli elementi che mi ritrovo davanti: tutti piani, tutti diversi per forma e colore.
Attraverso la fase di assemblaggio delle parti che compongono questa icona del design, comprendo perché venga considerata una vera e propria architettura in miniatura.  Ogni elemento è disposto e incastrato agli altri in modo semplice e geniale al contempo.














Osservando il mio modellino ultimato ne posso cogliere finalmente il gioco di asimmetrie ed equilibri dei piani, la dinamicità, le proporzioni. Tutto ciò che, insomma, avevo letto e visto sulla carta ma che non avevo avuto ancora occasione di sperimentare.
  
Mi rendo conto ancora una volta che l’unico modo per comprendere a fondo la logica che sta alla base di un oggetto è scomporlo nelle sue parti e rifarlo con le proprie mani.
Avere a che fare con misure, metodo e materiali  (e anche con le difficoltà  che possono sorgere durante  il processo e le relative imperfezioni) arricchisce  l’apprendimento.

“E’ la conoscenza che deriva dalla pratica personale, la sola che consente di comprendere…
Enzo MARI, Lezioni di disegno. Storie di risme di carta, draghi e struzzi in cattedra, ediz. Rizzoli, 2008












  

Bibliografia di riferimento:
Daniele Baroni , I mobili di Gerrit Thomas Rietveld, Electa, 1977, pg26-27
Link immagini:
http://www.phaidon.com/agenda/design/picture-galleries/2010/october/11/gerrit-rietvelds-universe-in-pictures/?idx=5

Red and Blue_modellino legno


Gerrit Thomas Rietveld (Utrecht, 24 giugno 1888 – Utrecht, 25 giugno 1964) è tra i più innovativi designer d'interni e di mobili del XX secolo. Personalità di culto e capostipite della scuola olandese, vive, circondato da artisti come Piet Mondrian, la stagione creativa del linguaggio neoplastico di De Stijl. Gruppo d’avanguardia che annuncia la più radicale riduzione del segno artistico, a puro segno geometrico astratto. Da scultore del tridimensionale realizza arredi e oggetti concettuali, combinando elementi piani, linee rette, colori primari, suggestioni cubiste.
 Tra i suoi capolavori: come architetto Casa Schröder del 1924, inserita nel 2000 nell'elenco del patrimonio culturale mondiale dall'UNESCO e come designer la sedia Rood/Blauw, meglio nota come Red and Blue, summa dell’estetica De Stijl. Rimane uno dei pezzi più famosi nella storia del design. Il 1917 vide la creazione della famosa sedia che è tutt’ora in produzione, grazie all’accordo sottoscritto nel Settembre del 1971 tra Cassina e gli eredi di Rietveld.
Questo semplice pezzo di arredamento, che si basava su una tradizionale sedia inclinabile, costituì la prima occasione per una proiezione dell’estetica neoplastica nelle tre dimensioni. Oltre alla sua articolazione la sedia era notevole per l' uso esclusivo dei colori primari insieme alla struttura nera, una combinazione che, con l’aggiunta del grigio e del bianco, doveva diventare lo schema cromatico usuale del movimento De Stijl.
La sedia Red and Blue è quindi l’esemplificazione della ricerca di funzionalità e di trasparenza ma anche della positività trasmessa dai colori primari e dall’insieme di linee geometriche che compongono il risultato finale. Il design concilia la ricerca estetica con il desiderio di utilizzare i vantaggi dati da particolari materiali per un concetto ancora recente di produzione industriale.

1 MATERIALI:
Per la riproduzione della sedia ho usato listelli di legno per la struttura e per i braccioli mentre per la seduta e lo schienale,2 tavolette di compensato. 

2 STUDIO OGGETTO TAGLIO ASSEMBLAGGIO 
Dopo aver studiato la struttura , tagliato i listelli e dopo aver segnato le distanze opportune, procedo con la fase dell’ incollaggio tramite colla a caldo e utilizzando  come base un sostegno di cartone.
3 Prodotto finale
Ho deciso di non colorare la sedia perché, secondo me, rispecchia  la sua semplicità di questa sedia, e la possibilità, vedendo come materiale il legno, di provare a riprodurla in varie scale di grandezza. 
meglio dire:
Ho deciso di non verniciare questo modello di sedia perché secondo me la sua semplicità è apprezzabilmente espressa soprattutto attraverso il legno al naturale.

Fonti:
 Http://www.pansiniarredamenti.it/i-miti-del-design/la-poltrona-red-and-blue-di-rietveld/ 
http://atcasa.corriere.it/designer/gerrit-t-rietveld.shtml
Storia dell’architettura moderna, Zanichelli editore, Kenneth Frampton

Aluminium Red and Blue

Aluminium Red and Blue

La sedia Red and Blue è stata progettata da Rietveld nel 1917, in versione monocromo, con l’idea di ridurre la realtà ai suoi tratti di linee e superfici. In seguito fu dipinta con i colori primari (rosso vermiglio, giallo cromo e blu oltremare) più il nero ebano, ma nel realizzarla l’intenzione dell'artista era quella di "collegare fra loro le singole parti senza mutilarle, in modo da evitare che una domini sull'altra coprendola o mettendola in situazione di dipendenza; è il tutto, libero e chiaro, che deve prendere il suo posto nello spazio e la forma deve trionfare sul materiale". 
Il concetto che esprime questa sedia, con la sua composizione astratta e ideale di superfici e linee nello spazio, rispecchia il pensiero identificativo del gruppo De Stijl, tant’è che ne divenne il manifesto. L’universo e i principi che muovono l’opera di Rietveld si rifanno ai quadri di Mondrian, di cui traduce su tre dimensioni i principi compositivi e cromatici. Da Mondrian riprende l’astrazione e l’essenzialità delle forme e delle linee principalmente orizzontali e verticali, i colori primari rosso, giallo e blu e i non colori bianco e nero, i quadrati e i rettangoli, superando i codici formali del classicismo e la convenzione della prospettiva rinascimentale.
Rietveld progettò la struttura e i braccioli della sedia in massello di faggio laccato nero e giallo, per il sedile e lo schienale utilizzò compensato laccato rosso e blu. Io, invece, per l’esercitazione (vedi riferimento su http://ceciliapolidorideisgnlezioni2.blogspot.com/p/appunti-lezione-5-2-esercitazione.html), ho voluto riproporre questa sedia sempre nella versione colorata ma utilizzando un materiale diverso, sia nella composizione che nella lavorabilità. Ho prodotto una Red and Blue in alluminio dipinta usando delle vernici spray e, infine, lucidata.
FASE DI REALIZZAZIONE
Innanzitutto ho ridisegnato la sedia con proporzioni tali che risultasse alta 40 cm e, prima di procurarmi il materiale, ho creato un modellino più piccolo di cartoncino per comprenderne la struttura e la composizione. Acquistato il materiale,
meglio dire
Dopo aver acquisito il materiale di base, 
che ho fatto tagliare secondo le giuste dimensioni,
meglio dire
e fatto tagliare nelle corrette dimensioni,
ho studiato un modo per incastrare tra loro le varie componenti; dunque, ho fatto dei fori a delle distanze ben precise
meglio dire
unire le componenti attraverso fori correttamente distanziati
e con delle viti
meglio dire
e viti.
Dopodiché ho smontato
meglio dire
Ho poi smontato la sedia 
e con della carta abrasiva
meglio dire
con la carta abrasiva
ho sgrossato,
meglio dire
smerigliato o smussato,  
levigato e pulito i singoli pezzi. Prima di passare alla fase di pitturazioneho passato uno strato di aggrappante, una base speciale per alluminio, che evita che i pori dell'alluminio non condizionino la resa finale;
meglio dire
Prima della verniciatura ho passato un fissante come base speciale per l'alluminio per ottenere una superficie omogenea e compatta, oppure davvero liscia, etc.
una volta pronti tutti i pezzi, ho rimontato la sedia e infine ho passato una mano di finitura lucida.
È stata un’esperienza divertente e molto istruttiva! Questa esercitazione mi ha permesso non solo di comprendere il funzionamento di uno degli oggetti più importanti nella storia del design, ma anche di applicare le mie conoscenze nella pratica utilizzando
meglio dire
sperimentare
un nuovo materiale, e quindi di affrontare le difficoltà che questo implica.
meglio dire 
affrontarne le difficoltà.

martedì 13 marzo 2012

Asimmetrie e Geometrie, “La Berlin Chair”, Gerrit Thomas Rietveld

Gerrit Thomas Rietveld (utrecht,1888 – 1964 ) è stato un architetto e artigiano olandese. Fu uno tra i principali esponenti del neoplasticismo nel campo dell'architettura e del design. Architetto olandese tra i più importanti del `900 si ispira alle idee elaborate dal pittore connazionale Piet Mondrian che Rietveld applica alle tre dimensioni lavorando sullo sfalsamento geometrico asimmetrico e sulla ricerca del dialogo formale tra volumi e colori primari, secondo i principi del movimento De stijl conosciuto anche come neoplasticismo.
Nel 1923, Rietveld ha lavorato con il pittore Huszar Vilmos al fine di progettare un modello di camera per la Kunsthau Juryfreie, una mostra d'arte a Berlino. Tra i mobili realizzati per la camera la rappresenta la prima sedia di Rietveld asimmetrica. Gli elementi tradizionali - gambe, braccia, seduta e schienale - sono stati abbandonati in favore di un sistema di piani interconnessi, in modo asimmetrico equilibrato. Il bracciolo è abbastanza ampio per servire come una tabella - entrambe le versioni destra e sinistra sono state realizzate. Ogni elemento è dipinto in un unico colore, la tavolozza ridotta a monocromo nero, bianco e grigio.
Rietveld con la Berlin Chair ha introdotto due nuovi elementi formali in suoi progetti di mobili: l'asimmetria e la costruzione di aerei. Entrambi questi provengono in riflesso coerente di pre-set compito di creare una struttura aperta spaziale con elementi equivalenti. La sedia di Berlino deve il suo nome al fatto che questa sedia è stata appositamente progettato nel 1923 per la showroom Rietveld e Huszar a Berlino. Questa sedia, in seguito spesso chiamata 'la sedia stecca', era (ed è tuttora) anche in una versione speculare.
1.Decido di iniziare il mio lavoro partendo dal ridisegno bidimensionale dei singoli pezzi che compongono il prodotto, in modo tale da capirne dimensioni, funzionamento e spazialità e anche il rapporto delle singole parti con il quadro generale.
2.Scelgo poi di utilizzare il catoncino per la realizzazione dell’oggetto , ho quindi stampato i modelli bidimensionali dei singoli pezzi , procedendo quindi alla fase di ritaglio delle singole parti, piegatura e incollaggio. 
3.Ecco il risultato finale dopo aver incollato tra loro tutti i pezzi.

http://www.artsconnected.org/resource/30515/berlin-chair

lunedì 12 marzo 2012

The natural color of my "Berlin Chair"

Questa sedia è stata progettata da Rietveld nel 1923, su richiesta di Vilmos Huszar (1884-1960), da qui in poi essa è nota come la 'Berlinjse stoel' o 'sedia Berlin'. Gli elementi planari della sedia sono stati dipinti in grigio neutro, bianco e nero, integrando i blocchi di luminoso colore primario; durante la seconda guerra mondiale la sedia è stata dipinta di nero da Rietveld. Nel 1975 è stata ridipinta nella combinazione originale di grigi, bianco e nero da Gerard van de Groenekan su richiesta di Bertus Mulder che era responsabile per il restauro della casa Schröder, a Utrecht, e che voleva la sedia per la sua mostra: 'Rietveld Schröder huis 50 jaar '(Centraal Museum, Utrecht, 1978).
La Berlin è costruita quasi interamente con tavole piatte, ed è la più scultorea, ed anche architettonica,tra le sedie realizzate da Rietveld.
I suoi elementi di forma planare, con il grande pannello nero che serve sia come back che come retro 'gamba', l'ampio bracciolo orizzontale nero supportato da un pannello leggermente più stretto bianco, e l'altro, grigio chiaro, il pannello laterale verticale, cerca di anticipare le forme della casa Schröder completata nell'anno successivo.
La Berlin Chair è un composto asimmetrico di piani che racchiudono lo spazio come un piccolo edificio.
“Quando qualcuno dice: questo lo so fare anch'io, vuol dire che lo sa rifare altrimenti lo avrebbe già fatto prima.”
Bruno MUNARI























Questa citazione di B.M. esplicita
meglio dire:
Bruno Munari esplica - ma in questo caso: esprime al meglio, credo,
credo, al meglio il tema dell’esercitazione; l’arte del rifare (infatti) non è un’operazione banale e di mera copiatura, ma è composta da una serie di
meglio dire:
consta di una successione di  fasi che vanndalla  
meglio dire: 
partono dalla, ma in questo caso, e meglio: permettono la comprensione dell’oggetto in tutte le sue 
meglio dire:
nelle componenti, alla nella scelta dei materiali da utilizzare 
meglio dire:
opportunamente utilizzati, meglio: adatti per la riproduzione,
meglio dire:
alla produzione seriale
alla tecnica di realizzazione, 
meglio dire:
nel semplice assemblaggio. 
meglio eliminare: alla scala di rappresentazione, fino alla riproduzione di esso.
Nel “rifare” la Berlin Chair, ho diviso il lavoro in quattro fasi:
1) Comprensione 
meglio dire: Individuazione delle componenti, delle proporzioni che intercorrono tra di esse; in seguito riproduzione del modello meglio dire: del dimensionamento e relazione tra le parti  tramite Autocad;
2) Taglio e carteggio non so cosa significhi delle parti; meglio dire: Sagomatura e taglio.
3) Assemblaggio delle componenti tramite  
meglio dire: parti con colla e chiodi;
4) Tinteggiatura e lucidatura dell’oggetto meglio dire: del modello in scala, o del prototipo in scala.
Sitografia di riferimento:
http://artsearch.nga.gov.au/Detail.cfm?IRN=67077&PICTAUS=TRUE
http://www.moma.org/collection/artist.php?artist_id=4922
http://designmatcher.com/nl/gallery_detail.php?galleryID=51

parole chiave dai testi in bibliografia

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  • 25 modi per piantare un chiodo - da E.M. 12
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  • Platone - da E.M 29 (1/2 post Pubblicato da Maria Chiara Grasso a 11/05/2011 01:09:00 AM, 1/2 post Pubblicato da Francesca Varano a 11/11/2011 09:33:00 PM)
  • polisemica - da E.M 23 (2/3 di post Pubblicato da Davide_Basile a 11/05/2011 02:14:00 PM )
  • Puccini - da E.M. 13 (1/3 di post Pubblicato da Carlo Tebala a 11/11/2011 01:00:00 PM e (173 di post Pubblicato da Danila Punturiero a 11/12/2011 01:03:00 PM)
  • sezione aurea - da E.M 24
  • sinsemantica - da E.M 22 (1 post Pubblicato da Davide_Basile a 11/05/2011 02:14:00 PM )
  • studio "matto e disperatissimo" - da E.M 21 (1/3 post Pubblicato da Maria Chiara Grasso a 11/05/2011 01:09:00 AM)
  • stufe di ceramica a legna da E.S. - 4 (1 post Pubblicato da Lavinia Parisi a 10/30/2011 05:56:00 PM )
  • Suetin (N.M.) da E.S2, 41( 1/3 di post Pubblicato da Valeria Corea a 11/12/2011 04:36:00 PM, e 1/3 Pubblicato da Stefania Bella a 11/13/2011 11:01:00 AM e 1/3 post 1. Pubblicato da Alessia Borgia a 11/04/2011 10:33:00 PM)
  • suprematista da E.S2, 40 (2/3 di post Pubblicato da Giuseppe Santoro a 11/11/2011 07:43:00 PM, 2/3 di post Pubblicato da Valeria Corea a 11/12/2011 04:36:00 PM e 2/3 di post 1. Pubblicato da Alessia Borgia a 11/04/2011 10:33:00 PM)
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IO PROGETTO CON GLI ALLIEVI – I DESIGN WITH MY STUDENTS. Il progetto, il prototipo, non è tanto significativo in sé, quanto il fatto che sia una variante tra altre 50, 100, anche 180, realizzate contemporaneamente. Tutti noi che mostriamo le nostre anime... Insegnare design per me significa progettare insieme ad ogni mio singolo allievo, in un team di lavoro composto in corsi molto numerosi e frequentati - il mio lavoro è con circa 250-300 allievi l’anno - Il tema, lo spunto che fornisco come idea iniziale, può essere sviluppato in un'esercitazione breve o di mesi; con l'occasione progettuale cerco di offrire tutti gli stimoli, i suggerimenti e gli esempi del caso. Inoltre dalla realizzazione vera e propria dell'oggetto al vero in scala 1:1, si passa a contestualizzarlo con l'ambientazione, rendering, impaginazione, sino alla sua presentazione in book con foto, video e gadgets: quali segnalibri, t-shirt, cartoline, calendari. I materiali sono semplici da recuperare e da trasportare in aula ogni volta, e, in genere, sono riutilizzati: carta, stoffa, foglie, anche di fico d'india, rami e legni, lacci, spaghi, plastica, pezzi di vetro recuperato sulla spiaggia, etc...