"Non è finto il destrier, ma naturale,
ch'una giumenta generò d'un Grifo:
simile al padre avea la piuma e l'ale,
li piedi anteriori, il capo e il grifo;
in tutte l'altre membra parea quale
era la madre, e chiamasi ippogrifo;
che nei monti Rifei vengon, ma rari,
molto di là dagli aghiacciati mari."
da 'Orlando Furioso', Ludovico Ariosto, canto IV, ottava XVIII, versi 1-8
L'Ippogrifo è una creatura mitologica. Il suo nome deriva dalle parole greche hippos (cavallo) e grypòs (grifone). L'ippogrifo è infatti una creatura alata, originata dall'incrocio tra un cavallo ed un grifone, con testa e ali di aquila, zampe anteriori e petto da grifone ed il resto del corpo da cavallo.
La prima descrizione letteraria dell'Ippogrifo si deve a Ludovico Ariosto nel suo Orlando Furioso.
L'Ippogrifo appartiene al mago Atlante, ed in seguito sarà il mezzo con cui Astolfo riuscirà ad arrivare sulla luna per recuperare il senno perduto di Orlando "che per amor venne in furore e matto".
"Astolfo sulla Luna", illustrazione di Gustave Dorè
In quest'opera l'ippogrifo trae elementi sia dalla figura di Pegaso che da quella del grifone, un incrocio tra leone e aquila. Nel poema dell'Ariosto le parti leonine del grifone sono sostituite con quelle di un cavallo, mentre rimangono la testa e le ali dell'aquila.
L'idea del connubio tra grifone e cavallo si trovava già nelle Bucoliche di Virgilio, in un passo che considerava questo incrocio come qualcosa di impossibile e assurdo, visto il leggendario odio tra i due animali:
"Iungentur iam grypes equis": da oggi i grifoni si uniranno ai cavalli (Egloga VIII, 27).
L'Ariosto, al contrario, crede che proprio da questo connubio sia nato l'ippogrifo. Immagine tratte da: