“Il mio intento era quello di costruire un oggetto costituito dalle parti più elementari. Con ciò intendo parti visuali elementari. Quali erano le più semplici sensazioni della vista con cui un oggetto poteva essere realizzato? L’esperienza del colore, dello spazio, della forma…. Era necessario per me conoscere quali erano le attività elementari dell’occhio.”
Gerrit Thomas Rietveld, estratto del discorso tenuto il 17 novembre 1962 in occasione del Colorday ad Amsterdam
G.T.Rietveld e V.Huszar, Space-Colour-Composition, 1923
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Gerrit Rietveld fu uno tra i principali esponenti del Neoplasticismo nel campo dell’architettura e del design. Egli operò sugli oggetti d’arredo esprimendosi con lo stesso sistema di segni usato dai pittori di De Stijl, senza però mettere in discussione la logica fondamentale della loro funzione.
Di tutti gli arredi, Rietveld predilige la sedia: oggetto che concreta indubbiamente un’architettura stimolante, ma altrettanto ardua da affrontare; si tratta infatti di un vero e proprio edificio in scala ridotta: ritmi, tensioni, piani, strutture, tridimensionalità, dinamica. Forse è questa la ragione per cui nel ventesimo secolo la sedia resta appannaggio dei grandi architetti, da Mackintosh a Wright, fino a Le Corbusier e Breuer.
1923: Rietveld lavora al padiglione espositivo a Berlino. Assieme ad Huszar progetta un modello di ambiente inserendovi anche una nuova sedia che verrà denominata, per l’appunto, Berlijnse stoel ovvero Berlin chair.
L’ambiente espositivo è risolto con soluzioni plastiche semplici: si tratta di un perimetro, interrotto da un’unica parete che sorregge una parziale copertura, in cui tutte le superfici sono interessate da campiture rettangolari di colore che creano nuovi piani o apparenti finestre, contribuendo così a creare il campo spaziale.
Dal pavimento emerge la nuova sedia , in perfetta coesione con l’ambiente circostante, con la funzione di completarlo ed esaltarlo, dandogli il significato della dimensione spaziale.
La Berlin Chair va considerata il primo passo di una nuova metamorfosi che da questo momento Rietveld impone alle sue sedie.
Il concetto finora adottato di costruire per linee, viene superato: le gambe, che per secoli nella storia di questo oggetto avevano sorretto il sedile, vengono eliminate e sostituite da altri piani o da strutture asimmetriche che si librano nello spazio a scansione ritmica e in un meticoloso equilibrio tra verticali e orizzontali.
E’ un costruire per piani e non più per linee.
La sedia viene dipinta in bianco, nero e grigio, perché diventi un oggetto neutro, in contrapposizione al cromatismo vivace dei colori primari che l’ambiente stesso produce.
L’esercitazione che ho svolto consiste in una riproduzione in scala della Berlin Chair, ovvero nella realizzazione di un modello di altezza 40 cm.
I materiali che utilizzo sono il poliplat, dei colori acrilici e uno smalto lucido.
Otto sono gli elementi che mi ritrovo davanti: tutti piani, tutti diversi per forma e colore.
Attraverso la fase di assemblaggio delle parti che compongono questa icona del design, comprendo perché venga considerata una vera e propria architettura in miniatura. Ogni elemento è disposto e incastrato agli altri in modo semplice e geniale al contempo.
Osservando il mio modellino ultimato ne posso cogliere finalmente il gioco di asimmetrie ed equilibri dei piani, la dinamicità, le proporzioni. Tutto ciò che, insomma, avevo letto e visto sulla carta ma che non avevo avuto ancora occasione di sperimentare.
Mi rendo conto ancora una volta che l’unico modo per comprendere a fondo la logica che sta alla base di un oggetto è scomporlo nelle sue parti e rifarlo con le proprie mani.
Avere a che fare con misure, metodo e materiali (e anche con le difficoltà che possono sorgere durante il processo e le relative imperfezioni) arricchisce l’apprendimento.
“E’ la conoscenza che deriva dalla pratica personale, la sola che consente di comprendere…”
Enzo MARI, Lezioni di disegno. Storie di risme di carta, draghi e struzzi in cattedra, ediz. Rizzoli, 2008
Bibliografia di riferimento:
Daniele Baroni , I mobili di Gerrit Thomas Rietveld, Electa, 1977, pg26-27
Link immagini:
http://www.phaidon.com/agenda/design/picture-galleries/2010/october/11/gerrit-rietvelds-universe-in-pictures/?idx=5