PLASTIC BERLIN CHAIR
A chair must be really important as an object, because
my mother always told me to offer my chair to a lady.
ETTORE SOTTSASS
Con queste parole, viene spesso presentata la Nine-0
Collection, ovvero una raccolta di
sedie impilabili, sgabelli e
poltrone; purtroppo l’ultima, prima di
morire il 31 Dicembre 2007, concepita dall’architetto e designer italiano
Ettore Sottsass, e definita tale come un omaggio all’età di Ettore.
Con l’aiuto del suo
designer associato Christopher Redfern,
Sottsass ha voluto reimmaginare il
classico, creando una versione contemporanea della Navy Chair, prodotta da Emeco dal 1944, per i sommergibili della
seconda guerra mondiale.
Per darle vitalità,
Sottsass, ha scelto di sostituire il
metallo con l’alluminio e di disporre le sedute in poliuretano morbido, per
aggiungere comfort e colore.
Da ciò, per la seconda esercitazione relativa allo studio
di un oggetto classico di design (vedi banner specifico: http://ceciliapolidorideisgnlezioni2.blogspot.com/p/appunti-lezione-5-2-esercitazione.html) ) ho deciso di reinterpretare in chiave moderna, o per meglio
dire attuale, l’eterea BERLIN CHAIR; progettata dall’architetto
e designer olandese Gerrit
Rietveld nel 1923.

Nel perseguire il mio intento, al posto del legno, opto
per il policarbonato alveolare.
E’ un materiale di uso comune, molto più di quanto lo
percepiamo: i settori d’applicazione di questo polimero spaziano dall’edilizia
all’ottica, passando per l’elettronica, l’industria alimentare, quella
aeronautica, i trasporti e gli accessori militari.
E’ facilmente reperibile, leggero e al tempo stesso resistente.
Nel mio caso specifico, ho notato una maggiore consistenza tagliando i
componenti del modellino, lungo le “venature”
della lastra, quindi serbando ai lati
corti gli alveoli. Esiste, inoltre, in diverse gamme cromatiche, sia opache,
sia trasparenti.
A tal proposito, come è visibile già dalla prima foto, è
chiaro che, la PLASIC
BERLIN CHAIR, da me realizzata, non
abbraccia a pieno la direttiva postmodernista di cui sopra: avrei dovuto
combinare materiali inusuali e variarne
la colorazione, utilizzando, ad esempio, toni vivacissimi e inaccostabili,
come fa l’architetto, designer, Alessandro Mendini, nella creazione della poltrona Proust.
Una poltrona classica imbottita, che diviene oggetto postmoderno mediante una decorazione per macchie di colore, divisionista.
Ho deciso, invece, di restare fedele all’immagine
autentica della sedia stecca, scegliendo i fogli di policarbonato in nero, grigio e
bianco, per mantenere un legame con l’originale, che va oltre la forma asimmetrica
e le proporzioni. Il risultato ottenuto è di grande effetto, sebbene gli
spessori non siano stati opportunamente presi in considerazione.
L’immagine che accompagna in foto il mio modellino,
rappresenta due, tra i più noti, monumenti della città di Berlino, ovvero, la Porta di Brandeburgo,
e la Colonna della Vittoria, sullo sfondo di una piccolissima porzione dello
skyline berlinese. La scelta, affatto casuale, di collocare, seppur
metaforicamente, la mia realizzazione nell’odierna capitale tedesca, scaturisce dal motivo stesso per cui la sedia di
Rietveld nasce e prende il
nome: è stata appositamente progettata per la sala espositiva dell’architetto
in mostra a Berlino.
Link di riferimento: