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lunedì 2 aprile 2012

PLASTIC BERLIN CHAIR...Again!

PLASTIC BERLIN CHAIR 


 A chair must be really important as an object, because my mother always told me to offer my chair to a lady.
ETTORE SOTTSASS

Con queste parole,  viene spesso presentata la Nine-0 Collection,  ovvero una raccolta di sedie impilabili,  sgabelli e poltrone;  purtroppo l’ultima, prima di morire il 31 Dicembre 2007, concepita dall’architetto e designer italiano Ettore Sottsass, e definita tale come un omaggio all’età di Ettore.
Con l’aiuto del suo designer associato Christopher Redfern, Sottsass ha voluto reimmaginare  il classico, creando una versione contemporanea della Navy Chair, prodotta da Emeco dal 1944, per i sommergibili della seconda guerra mondiale.
Per darle vitalità,  Sottsass,  ha scelto di sostituire il metallo con l’alluminio e di disporre le sedute in poliuretano morbido, per aggiungere comfort e colore.
Da ciò, per la seconda esercitazione relativa allo studio di un oggetto classico di design (vedi banner specifico: http://ceciliapolidorideisgnlezioni2.blogspot.com/p/appunti-lezione-5-2-esercitazione.html) ) ho deciso di reinterpretare in chiave moderna, o per meglio dire attuale, l’eterea BERLIN CHAIR; progettata dall’architetto e designer olandese Gerrit Rietveld nel 1923.

Seguendo le orme di  Sottsass,  come, d’altra parte, quelle dei postmodernisti, ritengo opportuno focalizzare l’attenzione sul materiale da impiegare; in linea con la tesi fondamentale del Postmodern, per cui bisogna guardare alla tradizione moderna delle avanguardie, dal Futurismo al Bauhaus, riconsiderando  il mercato e le nuove tecnologie di produzione, cercando di recuperare il valore qualificante delle superfici e le strutture percepibili dell’oggetto, come il colore, la luce e la decorazione, liberandosi dai dogmi del modernismo.
Nel perseguire il mio intento, al posto del legno, opto per il policarbonato alveolare.
E’ un materiale di uso comune, molto più di quanto lo percepiamo: i settori d’applicazione di questo polimero spaziano dall’edilizia all’ottica, passando per l’elettronica, l’industria alimentare, quella aeronautica, i trasporti e gli accessori militari.
E’ facilmente reperibile, leggero e al tempo stesso resistente. Nel mio caso specifico, ho notato una maggiore consistenza tagliando i componenti del modellino,  lungo le “venature” della lastra,  quindi serbando ai lati corti gli alveoli. Esiste, inoltre, in diverse gamme cromatiche, sia opache, sia trasparenti. 


A tal proposito, come è visibile già dalla prima foto, è chiaro che, la PLASIC BERLIN CHAIR, da me realizzata, non abbraccia a pieno la direttiva postmodernista di cui sopra: avrei dovuto combinare materiali inusuali e variarne  la colorazione, utilizzando, ad esempio, toni vivacissimi e inaccostabili, come  fa l’architetto, designer,  Alessandro Mendini, nella  creazione della poltrona Proust.


Una poltrona classica imbottita, che diviene oggetto postmoderno mediante una decorazione per macchie di colore, divisionista.

Ho deciso, invece, di restare fedele all’immagine autentica della sedia stecca, scegliendo i fogli di policarbonato in nero, grigio e bianco, per mantenere un legame con l’originale, che va oltre la forma asimmetrica e le proporzioni. Il risultato ottenuto è di grande effetto, sebbene gli spessori non siano stati opportunamente presi in considerazione. 


L’immagine che accompagna in foto il mio modellino, rappresenta due, tra i più noti, monumenti della città  di Berlino, ovvero, la Porta di Brandeburgo, e la Colonna della Vittoria, sullo sfondo di una piccolissima porzione dello skyline berlinese. La scelta, affatto casuale, di collocare, seppur metaforicamente, la mia realizzazione nell’odierna capitale tedesca,  scaturisce dal motivo stesso per cui la sedia di Rietveld nasce e prende il nome: è stata appositamente progettata per la sala espositiva dell’architetto in mostra a Berlino. 


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