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sabato 10 marzo 2012

Gerrit Rietveld e la "Berlin Chair" - 1923

-“I MIEI MOBILI TENTANO DI NON INTERROMPERE LO SPAZIO” - 

Poiché il fine era il concepimento del manufatto architettonico come ”opera totale”, egli si dedicò intensamente anche alla progettazione della mobilia. Proprio come Wright, realizza abitazioni dotate, da progetto, dell’arredo adeguato, come per la Casa Schroder a Utrecht (1924). Qui gli arredi e la forma globale sono coerenti espressioni della stessa idea, in cui pittura, scultura, architettura e arti applicate si fondono. L’edificio è formato da piani intersecanti che danno l’impressione di essere sospesi nello spazio. Non c’è un unico asse, nè una simmetria semplice; piuttosto, ogni elemento è in relazione sottile e dinamica con gli altri. Opera di enorme importanza del primo De Stjil, fu anche il progetto della Sedia rosso/blu del 1917: essa doveva rappresentare simbolicamente un prototipo dell’arte della macchine e presentare le caratteristiche di un oggetto standardizzato che manifestasse "il bisogno di numeri e misure, di pulizia e ordine, (...) di perfezione e finitura d’alta qualità...".

LA BERLIN CHAIR
La “sedia Berlin” prende il nome dal luogo dell’evento (l’ esposizione di Rietveld a Berlino del 1923) per cui era stata progettata. Questa sedia, che in seguito è stata spesso chiamata “sedia tavola”, è stata eseguita con una doppia immagine speculare. 



L'importanza d'impastare le mani nell'arte ci fa capacitare della genialità delle cose, che non ci sono date col solo fine di  ereditarle, ma per comprenderle...non sono idee preconcette ma parto e consapevolezza.

Link di riferimento:

Bibliografia:
William J.R.Curtis, “L’architettura moderna del Novecento” (1999), Milano, Mondadori Editori.